Cybercrimine, tornano gli attacchi hacker con le chiavette usb

C’è qualcosa di nuovo nel cybercrimine, anzi d’antico. Alzi la mano chi, nell’epoca del cloud e della condivsione, ancora usa le vecchie chiavette usb. Ebbene, proprio da lì, dalle vecchie usb, arriva la minaccia hacker più recente, come rivela una recente ricerca. Incredibile a dirsi, il fenomeno sta prendendo sempre più piede a causa di un elemento spesso sottovalutato, dai gestori delle reti di lavoro: lo smart working di dipendenti che operano da realtà meno avanzate di quelle occidentali, in particolare dall’Africa.

Grazie a chiavette infettate con il malware Sogu, i cybercriminali hanno colpito finora una trentina di aziende nel mondo, partendo dai terminali di collaboratori di queste ultime situati in paesi come Egitto, Zimbabwe, Tanzania, Kenya, Ghana e Madagascar. I dipendenti si sono infettati collegando ai loro computer una chiavetta Usb usata in precedenza in posti pubblici come copisterie o negli Internet café. Come il battito della farfalla in Giappone, genera un terremoto dall’altra parte del mondo, così una intromissione hacker partita in Ghana è in grado di creare un effetto domino in occidenti. Di recente un altro gruppo di pirati cinese, i Camaro Dragon, ha iniziato a utilizzare un nuovo ceppo di malware chiamato WispRider, progettato per rubare dati, anche questo propagato tramite Usb compromesse.

C’è poi il fenomeno delle cosiddette Dead Drops, chiavette Usb nascoste nei muri di
varie città del mondo. Nate nel 2010 come progetto artistico del tedesco Aram Bartholl, con l’intenzione di creare una rete alternativa a Internet per lo scambio dei dati libero e anonimo, le Dead Drops ora vengono usate anche dai pirati che vi nascondono malware e virus vari. Chi le trova e le usa, spesso ha la fortuna di ricevere un “messaggio nella bottiglia” digitale. Ma altre volte finisce preda di cybercriminali pronti a chiedere il riscatto per liberare i dati del computer.